Cos’é la verità

In un giorno alquanto drammatico un uomo condannato alla pena capitale parlando al cospetto di un eminente governatore romano si espresse in questi termini: «… per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità; chiunque è per la verità ascolta la mia voce». 

Dall’alto della sua posizione il prefetto avrebbe voluto ignorare le parole di quel reietto, ma non poté farne a meno. Quelle parole furono talmente penetranti che replicò: «Che cosa è verità?».

Questa domanda vecchia di circa duemila anni (e forse di tutti gli anni dell’esistenza umana)  non ha ancora trovato una risposta convincente.

Il concetto di verità ci pone di fronte ad un dilemma gnoseologico. In altri termini: per poter parlare di verità devo fare un’analisi rigorosa delle mie possibilità di conoscere la realtà e della validità delle conoscenze acquisite. Ed è proprio in questo contesto che le nostre convinzioni cominciano a vacillare.

Già Kant nella Critica della ragion pura operò la distinzione fra fenomeno (ciò che appare) e noumeno (la cosa in sé o realtà) con l’intento di mostrare che ciò che  si percepisce attraverso i sensi non è la realtà in quanto tale, ma una sua rappresentazione condizionata dai paradigmi di chi la osserva. È in quest’ordine di idee che Schopenhauer afferma:  « Il mondo è la mia rappresentazione ». 

Le neuroscienze confermano questa lezione quando parlano di autoinganni della mente quali il bias che è una distorsione del giudizio dovuta al retaggio dell’individuo che esprime la valutazione. Un altro autoinganno notevole è quello che la mente opera quando non vuole accettare delle verità scomode e di conseguenza le nega.  Dopo questo breve preambolo  possiamo addentrarci in alcuni dei molteplici aspetti nei quali si configurano le verità gestite dagli uomini.

Si può parlare dell’universo delle verità politiche e sociali. Queste verità tendenzialmente o per buona parte risentono dei rapporti di forza esistenti nella comunità degli uomini, nonché delle mode e dei gusti della maggioranza che è quasi sempre dominata da una minoranza con la forza e con la finzione e la menzogna, per dirlo con le parole di Fromm.

La costruzione di una parte cospicua delle verità che costituiscono il bagaglio dei componenti normali della società ( le cosiddette verità o conoscenze condivise) sono veicolate dall’educazione borghese e si insidiano inconsciamente e dogmaticamente nella mente del bambino fin da quando comincia ad assumere il latte materno. Sono suoi sottoprodotti il perbenismo ed il piccolo borghesismo. Li ritroviamo in quelle frasi tipiche della cultura piccolo borghese quali: così non va bene, non è educato, non si fa e quant’altro.

Tali frasi esprimono giudizi di valore molto forti, ma all’analisi lucida della ragione si riducono a semplici questioni di gusto quando va bene. Un punto fermo della questione è il fatto che le verità politiche e sociali sono funzionali al potere imperante che per il pragmatico uomo della strada è il male necessario per ottenere la stabilità e scongiurare lo stato di natura di cui parla Hobbes ne Il Leviatano.

Il problema, però, è che per una non esigua minoranza di uomini della strada  il Leviatano non è un male, ma un bene necessario per il quale operare alla stregua dei Kapo dei campi di concentramento. Viene poi l’universo mirabolante e straripante delle verità religiose. Anche queste ultime possiedono una componente di funzionalità al potere e sono soggette ad una costruzione sociale, ma peccano maggiormente  di dogmatismo rispetto a quelle politiche e sociali  e muovono coloro che le adottano al fanatismo ed all’ideologia.

L’altra componente delle verità religiose è quella metafisica. La religione si pone di fronte al dilemma dell’origine e al dilemma ontologico. Chi ha creato il mondo? È sempre esistito? Chi è all’origine degli enti? Quali sono gli enti che popolano il mondo? La religione nella sua ricerca di verità non fa ricorso al metodo scientifico. Il territorio nel quale si muove è, però, impossibile da indagare con il metodo scientifico perché riguarda fenomeni che possono aver lasciato qualche traccia, ma che sono per loro natura irripetibili.  Arriviamo infine alle verità della scienza e in particolare della matematica.

Le verità della scienza sono verità falsificabili, secondo Popper, per cui pur nascendo da evidenze sperimentali sono perlopiù induttive e quindi statistiche. Tra le verità scientifiche vanno ricordate le verità matematiche che sono essenzialmente deduttive, ma sono condizionate dai presupposti che tecnicamente prendono il nome di postulati. In definitiva: non c’è nulla di più reale della fantasia o non c’è nulla di più vero della finzione!

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