Cambiare vita: storia di un ex cammorrista

Il 9 novembre nella nostra scuola è avvenuto un incontro molto interessante e costruttivo con lo scrittore–attore : Salvatore Striano conosciuto da tutti con il soprannome:Sassà.

Salvatore Striano nasce a Napoli nel 1972, figlio del terremoto dell’Irpinia avvenuto nel 1980 che coinvolse le zone della Campania e della Basilicata. Dopo il terremoto Striano non ha più l’opportunità di frequentare la scuola perché distrutta dal terremoto. Così Sassà comincia ad avvicinarsi a quella che era la moda del momento a Napoli: LA CAMORRA.

A soli 9 anni inizia con il contrabbando di sigarette, poi passa a rubare cosmetici e a 14 anni finisce per la prima volta in prigione. A soli 15-16 anni inizia a fare uso di sostanze stupefacenti e cammina tra i vicoli di Napoli armato insieme ai suoi amici. Egli afferma: “Avevo solo le difese per difendermi per strada”. L’anno successivo commette reati che lo riconducono nelle carceri. A 23 anni scappa in Spagna dove inizia un periodo di latitanza per poi essere incarcerato. Detto ciò mette in evidenza l’avanzamento nella carriera criminale tant’è che viene recluso per 6 – 8 anni a Rebibbia, carcere di Roma, con l’accusa di estorsione, associazioni camorristiche e per l’uso improprio di armi.

Striano esce dal carcere di Rebibbia a 33 anni. Oggi ne ha 44, e in questi 10 anni, dove davvero ha iniziato a vivere, ha collezionato la bellezza di 13 film, tra cui ricordiamo i più noti come”Gomorra” (di Matteo Garrone) e “Cesare deve morire” (dei fratelli Taviani) e tante altre partecipazioni, ha fatto 2 tournée teatrali e scritto 2 libri “Teste matte” (pubblicato da Chiarelettere nel 2015) e “La Tempesta di Sassà” (pubblicato nel 2016 da Chiarelettere).

Ma facciamo un passo indietro. Come avviene il passaggio da “Sassà il CAMORRISTA” a “Sassà SCRITTORE E ATTORE”. Striano inizia ad appassionarsi alla letteratura grazie ad un suo amico di cella che lo invita a frequentare la biblioteca ed avvicinarsi ad alcuni laboratori teatrali. Una sceneggiatura teatrale lo fece immedesimare a tal punto da permettergli di guardarsi dentro da un punto di vista esterno. Da questa esperienza giunse alla conclusione citata, ribadita durante l’incontro: “mi accorgevo che quella donna era molto più bella di me” espone Salvatore durante l’incontro, parlando del personaggio interpretato. Egli racconta poi di quanto sia stato fondamentale per lui leggere le opere di Shakespeare. Di quante volte ha rivisto il personaggio di Amleto nelle persone del sud: giovani ai quale il padre veniva ucciso. Quante coppie come Giulietta e Romeo ha visto nella sua Napoli: giovani che non si potevano amare perché appartenevano a famiglie rivali. Quanti Macbeth (personaggio senza scrupoli) conosceva, ma che da sempre semplicemente chiamava “boss”. Ammette che le opere di Shakespeare trattano situazioni verosimili. Per contro, parlando di Dante, non esprime un opinione positiva. Non apprezza la poca misericordia che, a suo dire, il poeta possiede. Shakespeare e Dante, però, attraverso un libro sono riusciti a fare quello che nessun altro ha fatto: cambiare Salvatore Striano.

E’ incredibile la potenza assoluta che la cultura assume per certe persone. Il Sapere ci concede un’arma vincente; l’arma per combattere la vita, scegliere cosa sia giusto e cosa no. La cultura ci permette di essere uomini.

Nell’incontro ha poi proseguito nel racconto del suo cambiamento dicendo “ogni giorno mi alzavo per rubare da Napoli poi, ho capito attraverso i libri, che era giunto il tempo che mi alzassi per dare qualcosa io alla mia terra “ed è così che inizia davvero a vivere in modo” pulito” nel mondo.

Striano continua dicendo “ho deciso di collaborare con il ministero dei beni culturali anziché con il ministro della giustizia “e prosegue “io non sono UNA SPIA, non sono UN INFAME“. Da queste affermazioni si evince l’opinione che ha sui collaboratori di giustizia, meglio conosciuti come PENTITI DI MAFIA. Su questo argomento contraddico l’opinione di Striano. Credo che siano fondamentali i pentiti. Se non ci fossero stati pentiti come Buscetta che aiutarono a capire come era la gerarchia di Cosa Nostra, a quest’ora stavamo ancora a cercare Totò Riina. Il problema consiste che negli anni i privilegi concessi ai pentiti da parte dello Stato sono aumentati e secondo il mio pensiero sono diventati eccessivi. Molti mafiosi hanno preso la palla al balzo raccontando cose non vere pur di non andare in carcere. Sì, queste persone si possono chiamare INFAMI, SPIE. Ma magistrati come Borsellino e Falcone gridavano a gran voce che i pentiti di mafia servono. Purtroppo lo Stato è riuscito a rovinare anche il loro lavoro, concedendo eccessivi privilegi e non verificando, con opportune inchieste, la veridicità delle confessioni di quest’ultimi.

Ed ecco che arriva l’argomento Saviano, grazie alla domanda di un ragazzo. Striano risponde, con la grande schiettezza che lo ha contraddistinto per tutto l’incontro, dicendo che Saviano è diventato più che altro un personaggio. Su questo posso essere d’accordo. Egli, però, prosegue dicendo che è divenuto un personaggio anti-camorra, che scrive, scrive e riscrive di mafia, ma la medicina per questa cura ancora non l’ha trovata. L’affermazione che più stupisce arriva dopo, quando afferma che a Saviano quasi piace fare il tipo di vita che fa. Che ostenta le varie minacce di morte, per poi scrivere sulla sua pagina Facebook i luoghi in cui si trova. Secondo il mio punto di vista è vero che Saviano è diventato più che altro un personaggio, ma questo è anche dovuto a tutto il clamore mediatico del film “Gomorra”. Trovo però che sia stato uno dei pochi ad avere il coraggio di scrivere una verità su Napoli, certo romanzando, a volte fin troppo, certe storie, ma, a mio dire, lo si può definire un uomo che ha lottato e che lotta per la sua terra.
Fino ad oggi, forse, Saviano ha dato tanto a Napoli. Spero, però, che Napoli un giorno se ne accorga e possa fare lo stesso nei suoi confronti.

Si passa ad un altro argomento molto toccante la perdita dei genitori.

Uscito dal carcere Sassà si trova con tutti e due i genitori morti e racconta di come si sia sentito nel carcere quando sapeva che la madre stava morendo. È sprofondato nell’alcool e negli psicofarmaci. Egli afferma: “per fare il criminale ho tradito la donna della mia vita”. Sono parole molto forti! Credo, però, che bisogna rispettare un dolore grande come la perdita dei genitori che sono le colonne portanti della nostra vita. Quando vengono a mancare ci troviamo allo sbaraglio, ma in qualcosa, in qualcuno, si trova la forza di andare avanti, proprio quella forza che è entrata nelle vene di Sassà e gli fatto riprendere la vita in mano.

Oggi la Camorra non è più quella di una volta i grandi boss sono in carcere. I veri mafiosi sono vestiti con giacca e cravatta e non si trovano a Napoli. Purtroppo in quartieri come Casale, Secondigliano, Scampia, ci sono i figli di chi è Stato ammazzato 30 anni fa, i figli degli ergastolani che nutrono una rabbia disumana che permette loro di creare il far west a soli 15-16 anni. Quindi oggi ci troviamo davanti ad un’altra Napoli rispetto a 30 anni fa. C’è, però, un filo conduttore: la scuola e l’assenza dello Stato al sud. I ragazzi non vanno a scuola. Preferiscono fare le paranze, invece di studiare Dante. Lo Stato quasi sembra dimenticarsi di certi territori. Cerchiamo sempre di accogliere povera gente che scappa dalla guerra e poi li mettiamo in territori dove c’è un’altra guerra, la guerra alla vita, la guerra per avere altre opportunità. Permettiamo che ci siano non un solo Salvatore Striano, ma 100, 1000, 10000 Sassà. Lo Stato combatta dando posti di lavoro, combattendo lo spaccio di droga, controllando lo smaltimento dei rifiuti, dando l’opportunità ai giovani di studiare. Non voglio addossare tutte le colpe allo Stato, purtroppo vige ancora una mentalità mafiosa al sud Italia. Questo lo dice una ragazza di 18 anni che ama follemente la sua terra, dove ha tutti i suoi affetti, ma che vede ogni anno degradarsi sempre di più. Come dice Striano bisogna trovare una medicina per questo male “incurato”..

Conclusione: io credo che si possa cambiare. Credo, però, che possano cambiare il contesto in cui una persona opera, ma non il suo animo. Sentendo parlare Sassà mi è parso di capire che egli abbia cambiato stile di vita. Che abbia capito i suoi sbagli. Che cerchi di ridare a Napoli quello che gli aveva tolto. Che cerchi di essere un uomo libero. E credo che ci stia riuscendo lo ringrazio per questo. È una lezione di vita. Tuttavia, penso che la sua interpretazione dei fatti del mondo non sia completamente cambiata.

Vi lascio con due pensieri. Il primo di Striano che sintetizza la sua metamorfosi e il secondo che esprime la mia speranza più profonda:

Oggi prenderei i mafiosi a libri in faccia. Prima giravo con la pistola per dire loro che non avevo paura

Amate la vostra terra, qualunque essa sia. Sarà la sola che vi accoglierà qualunque persona voi siate” .

Emanuela Guglielmi

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2 Commenti

  1. Buongiorno.
    L’articolo è veramente significativo, ma notiamo un refuso:
    – Il Sapere ci concede un arma vincente: un’arma vincente (manca l’apostrofo).
    Grazie per la modifica.
    Cordiali saluti.
    4^BSUL, Liceo Giovanni Bertacchi, Lecco

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