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Una canzone sul tema del Bullismo: “Sputi sull’anima”

(musica di Giovanni Nuti su testo di Aristea Canini)

Il bullismo è un fenomeno, purtroppo, attualmente molto diffuso ed è in grado di assumere le più svariate forme, tutte altamente nocive. Negli ultimi tempi si è assistito ad un notevole incremento del fenomeno stesso, facilitato anche dall’uso dei social, attraverso i quali possono crearsi situazioni di violenza legata a diffusione di notizie ed immagini. Si pensi al fenomeno denominato cyberbullismo, che in tempi recenti ha procurato non poche vittime tra i giovani, incapaci di sostenere il peso della vergogna dovuta alla diffusione di immagini private e imbarazzanti.

Efficace, a mio parere, il messaggio lanciato dalla canzoni “Sputi sull’anima”, edita nel corso del 2019, su musiche di Giovanni Nuti, cantore della poetessa Alda Merini, e testo di una poetessa emergente, Aristea Canini. Il testo della canzone è ispirata ad una storia vera di bullismo, con protagonista un ragazzo di nome Marco.

Marco subisce violenza verbale e fisica, e certo il suo desiderio diventa quello di isolarsi, atteggiamento comune a tutte le vittime di bullismo; un isolamento che diventa anche paura di parlare, per vergogna, per paura di ritorsioni. A ben pensarci, il protettore dei bulli, è il silenzio, che contrasta con le parole lanciate come frecce verso le vittime inermi del bullismo. Le stesse parole diventano “sputi sull’anima”, come recita il testo della canzone da me proposta; come sputi sull’anima sono le azioni “bastarde” e gli atti codardi di chi in gruppo, o dietro uno schermo, riesce a ferire e sentirsi grande. Come contrastare questo fenomeno da tempo è sempre più diffuso tra le nuove leve? Certo, conoscere le strade istituzionali come rivolgersi a centri di ascolto, o alla polizia postale è essenziale. Ma tanto più importante è rendere consapevoli gli “adulti” del fatto che quelle che sembrano bravate spesso definite dagli stessi adulti “giochi”, dunque minimizzate, e le parole che per un “grande” potrebbero risultare inoffensive, possono ledere nel profondo un animo sensibile e in crescita. Importante allora è l’ascolto, la comprensione, la presa in carico di ogni responsabilità da parte dei genitori e delle istituzioni, compresa la scuola. Stare in ascolto; ma in vero ascolto, a volte anche “silenzioso ma attento” di chi con una chiusura, un mutismo, una apparente timidezza, potrebbe non riuscire a comunicare il proprio disagio. Sono “tagli sul corpo”, come recita il testo della canzone, gli atti crudeli e le parole che offendono e intaccano la dignità; sono “ferite sull’anima” quelle che si producono nelle vittime del bullismo. E queste stesse ferite sono causate da altre vittime, a loro volta inermi, quali i bulli. Stiamo, dunque, attenti: cerchiamo soluzioni senza puntare in maniera dissennata il dito verso i cosiddetti “bulli”, che non sono infatti altro che vittime di educazione violenta, di mancata comunicazione genitoriale, spesso individui desiderosi di amore e attenzione; quella stessa attenzione che non hanno avuto, quello stesso amore che non hanno ricevuto, o ricevuto in modo non sano.

Trovo particolarmente commovente il ritornello della canzone che riporta una frase bellissima del genitore, che ripete alla vittima di bullismo, in questo caso Marco: “Vedrai che ce la faremo”. E sono un modo per avvolgere con un abbraccio, e prendersi carico del problema, queste parole della madre di Marco. Un atto consolatorio e importantissimo, anche esteso in generale a tutti coloro che abbiano cura di chi è vittima di bullismo, perché questo non porti a epiloghi tragici, come già sottolineato, appresi, sempre più frequentemente, dalle cronache.

Il bullismo, in effetti, è un problema spesso subdolo, nascosto e, proprio per questo. valido sistema per stanarlo è parlarne.

Rompere dunque il silenzio. E questa canzone, sicuramente, lo rompe in maniera efficace e piacevolmente coinvolgente.

Una canzone, d’altronde, rompe sempre il silenzio; e in questo caso si tratta di un silenzio assordante.

Parlarne dunque, parlarne: un modo perché possa parlarne anche chi finora non ha avuto il coraggio.

E ricordiamo che la musica, spesso, fa miracoli.

Silvia Maria Calliero

2 Commenti

  1. Grazie Silvia per questo contributo. Un tema complicato e difficile che sa nascondersi molto bene e che riesce a sfuggire anche a chi sa guardare. Perché tutto si svolge nel silenzio, ma anche con la colpevole complicità di chi è testimone e sceglie di non denunciare per paura di essere coinvolto, o per non avere problemi o per qualsiasi altro motivo.
    In fondo le debolezze e le paure che abbiamo da grandi, nascono quando siamo piccoli e sono i “demoni” con cui dobbiamo combattere tutti i giorni.
    Se riuscissimo in qualche modo a prevenirli, a contenerli, forse avremmo un mondo meno difficile.
    Roberto

  2. Grazie, Roberto, di esserti interessato al mio scritto. Approvo la tua riflessione sui “demoni” che nascono nella nostra infanzia, e che ci portiamo dentro per tutta la vita. Certo che se il mondo fosse accogliente, se trovassimo un rifugio nell’abbraccio empatico delle anime che incontriamo, quei demoni forse sarebbero sconfitti, o, almeno, non ci farebbero così tanta paura. Spero che il mondo impari, pian piano, attraverso le mille difficoltà e mille sofferenze, a fare dei problemi dell’altro, anche i propri. Perché credo che ognuno possa sentirsi forte e camminare meglio, e con più serenità, in compagnia e comunione degli altri. E non vuol dire esserci sempre fisicamente. Basta un pensiero, basta sentire che ci si può fidare.
    Un saluto

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